L’Adele di Klimt rivendicata da una donna tenace

woman-in-gold-poster.jpg-640×949--1Due anni dopo i 100 milioni di dollari incassati in tutto il mondo e le 4 nomination portate a casa da Philomena, Harvey Weinstein ha fiutato l’odore del bis una volta scovata la sceneggiatura di ” Woman in Gold ”, firmata E. Randol Schoenberg e poi tramutata in lungometraggio dal britannico Simon Curtis, regista di Marilyn. Chi non conosce l’Adele di Klimt? L’enigmatica donna in oro, ritratta dal famoso pittore. Chi era? Qual era la sua storia? Quanti di voi sono ancora convinti che sia esposta in Austria? Questa è la storia di un dipinto rubato, di una donna coraggiosa che non vuole dimenticare, di una famiglia ed anche di un grande dramma mondiale.
WOMAN IN GOLD
Il film si basa su fatti realmente accaduti che vedono protagonisti l’ebrea Maria Altmann (Helen Mirren) e il giovane avvocato Randy Shoenberg (Ryan Reynolds). A sessant’anni dalla fuga di Maria dalla Vienna nazista, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, la donna ormai anziana intraprende un doloroso viaggio fisico ed emotivo nella sua terra natale per recuperare i beni illecitamente sottratti dai nazisti alla famiglia, tra cui il famoso quadro di Klimt raffigurante la zia Adele, dalla quale prende il nome “Adele Bloch-Bauer”.
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Il piatto è tutto sommato ricco e accattivante: c’è la storia di una pietra miliare della storia dell’arte occidentale, ci sono la memoria e gli affetti di una donna matura che, a distanza di anni, avverte la necessità di rimarginare delle ferite ancora aperte e di rivolgersi alle proprie origini, e a fianco un giovane uomo che scopre le sue origini senza averne la benché minima intenzione. E poi, sullo sfondo, c’è il violento e inarrestabile irrompere della Storia che sconvolge tragicamente i destini del singolo, di una famiglia, di una nazione. Dietro a Woman in gold si intravede la sagoma di Philomena, il sorprendente film di Stephen Frears del 2013.

Helen Mirren
Helen Mirren

Nella vera storia della dolce anziana Maria Altmann e del suo riluttante desiderio di ottenere giustizia, coadiuvata da un avvocato inizialmente poco convinto, non è difficile riconoscere la struttura del film con Steve Coogan e Judi Dench. Anche l’obiettivo, un racconto che scaldi il cuore e infervori gli animi, sapendo alleggerire quando serve e addolcire quando necessario (sempre attraverso la protagonista, eroina della quotidianità), appare il medesimo, solo sostituendo agli abusi di un convento contro una madre l’ancor più toccante tema della persecuzione degli ebrei ad opera dei nazisti.
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