La felicità oltre il buio: ‘Il colore nascosto delle cose’

ilcoloreTeo è un creativo pubblicitario che lavora presso un’importante agenzia. Ha una relazione con Greta ma non disdegna attenzioni anche nei confronti di un’altra donna: Emma, che ha perso la vista in giovane età, ha un matrimonio alle spalle e lavora come osteopata. L’incontro con Emma cambia il suo modo di rapportarsi con l’altro sesso. Allo slancio iniziale fanno però seguito scelte che non sempre è facile adottare. Tra i due scoppia un amore travolgente e apparentemente impossibile, destinato a creare scompiglio nella vita di entrambi.
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Emma “vede” con le mani, con il tatto, con i suoni che la circondano. L’apparire non determina le sue giornate, perché scava a fondo nell’essenza delle cose. Aiuta un’altra ragazza ipovedente, insegnandole il francese e spronandola ad andare avanti, nonostante i suoi problemi. A diciotto anni la ribellione interiore non accetta le disuguaglianze. “Tutti i ciechi finiscono col diventare centralinisti. Non voglio più andare a scuola”, grida la liceale arrabbiata. Il colore nascosto delle cose è un’opera molto semplice, che non ha la pretesa di essere un grande film, ma è un lavoro sentito, sincero e personale cui l’autore, anziché un epilogo difficile e dolente, sceglie di conferire un tono di speranza in linea con una cornice fiabesca. La cecità è un handicap, ma non una condanna. Si può continuare a vivere anche senza distinguere il blu dal rosso, il mare da una montagna. Ne Il colore nascosto delle cose vince il coraggio di un cinema che va oltre le apparenze, che sceglie di raccontare una favola nella tempesta di ogni giorno.
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Al centro un incontro fra due anime solitarie: creativo per un’agenzia di pubblicità, tablet e cellulare perennemente in funzione, il quarantenne Teo rifugge da un incessante senso di responsabilità che lo porta a evitare la famiglia (frattanto colpita da un lutto), a mentire alla compagna e a trescare con un’altra donna, senza voler prendere una decisione. Il vuoto del suo smarrimento s’incrocia con quello di Emma, un’osteopata che ha perso la vista a sedici anni, senza lasciarsi sopraffare dall’oscurità. Bastone bianco in mano Emma non cessa di vedere l’ottimismo e la speranza oltre il buio. È sempre pericoloso azzardare la fiaba Disney sul tema dell’handicap, perché può succedere di scimmiottarne i cliché senza coglierne la magia. Silvio Soldini riesce a parlare di temi importati (la cecità, le incertezze sentimentali di uomo maturo) senza cadere in immagini retoriche o didascaliche. Il film è autenticamente sentito e ben sorretto dalle ottime interpretazioni della Golino e di Giannini.

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