‘Paterson’, l’autista-poeta che combatte la routine

pattersonL’autista Paterson, che a malapena comunica con le poche persone che incrocia sulla sua strada, scrive poesie. Lo fa ogni giorno, traducendo un’ispirazione che gli arriva dalle chiacchiere sentite sull’autobus o da una scatola di fiammiferi Blue Tip lasciata sul tavolo della cucina. Esce di casa ogni giorno per raggiungere in pochi passi il deposito degli autobus e iniziare la sua giornata di lavoro da autista pubblico, dedicando le pause e ogni momento disponibile per comporre piccole delicate poesie sul suo inseparabile taccuino, e per fare alla fine del suo turno ritorno a casa dall’amata moglie Laura che nutre un’incondizionata fede in lui e nel suo talento poetico.
Director Jim Jarmusch cast members Adam Driver and Golshifteh Farahani pose on red carpet while arriving for the screening of the film "Paterson" in competition at the 69th Cannes Film Festival in Cannes
Mentre la moglie colleziona progetti fantasiosi e fuori portata, e decora ininterrottamente la loro casa, Paterson appunta umilmente le sue poesie su un taccuino, che porta sempre con sé. Nei suoi versi si fondono la passione per William Carlos Williams, nativo di Paterson, Ginsberg, O’Hara, ma anche il suo orizzonte quotidiano. Con inconsueta semplicità Jim Jarmusch preferisce al dramma la poesia della realtà comune, con un filo di ironia e qualche passaggio surreale. Nel corso di una settimana, si osservano i loro trionfi e le loro sconfitte, così come quelle dell’intera cittadina di Paterson. In una sua poesia l’autista scrive che i bambini scoprono con stupore l’esistenza della quarta dimensione, quella del tempo, e il tempo o la sua assenza è l’altro grande protagonista della pellicola: in una trama organizzata intorno al vuoto di senso, il tempo sembra non andare da nessuna parte, è solo tempo che passa.
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Paterson si sveglia ogni mattina guardando un orologio che non segna mai la stessa ora, ma quasi la stessa ora; ogni giornata si svolge quasi esattamente nello stesso modo e, durante il turno dell’autista, Jarmusch monta in sovrimpressione una serie di immagini che riflettono sul parabrezza e sul volto di un Adam Driver mai così compunto l’idea cinematica del tempo che scorre, come il fiume che tanto ama il protagonista o come le lancette dell’orologio che, in una singola e significativa inquadratura, si muovono rapide fino alla conclusione del turno lavorativo. “A volte, le pagine vuote offrono maggiori possibilità” (cit.)

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